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Truffaut, François.

Regista cinematografico francese. Dedicatosi in un primo tempo all'attività giornalistica come collaboratore delle riviste “Cahiers du Cinéma” (dal 1953) e “Arts” (dal 1954 al 1959), intraprese successivamente la carriera di regista realizzando una serie di cortometraggi (Une visite, 1955; Les Mistons, 1958; Histoire d'eau, 1958). Nel 1959 esordì nel lungometraggio con I quattrocento colpi, tenera, e autobiografica in parte, analisi dell'universo infantile nel quale fece il suo debutto J.P. Léaud, attore che avrebbe segnato la quasi totalità della produzione del regista. Da quel momento T. realizzò film di vario genere, dall'amaro e sarcastico Tirate sul pianista (1960), al delicato intreccio di Jules e Jim (1961), passando attraverso il noir di La calda amante (1964), La sposa in nero (1967), La mia droga si chiama Julie (1969), per arrivare a Farenheit 451 (1966), film di denuncia cultural-sociale, a Ragazzo selvaggio (1979), storia vera di un giovane ritrovato allo stato primitivo nella campagna francese, da lui interpretato, o ancora a Le due inglesi e il continente (1971), nel quale viene affrontato il delicato tema della rinuncia amorosa. Seguirono: Adele H, una storia d'amore (1975), sull'infelice vita della figlia di Victor Hugo; Effetto notte (1973), chiaro esempio di metacinema nel quale lavorò anche come attore; La camera verde (1978), dallo spirito cupo e funereo, nel quale recitò; La signora della porta accanto (1981), tragedia dell'amore passionale; L'ultimo metrò (1980), nel quale appaiono i temi a lui cari dell'amore, del teatro e della Resistenza; Finalmente domenica (1982), ancora un noir. Attento osservatore della realtà, T. si dichiarò debitore degli insegnamenti di J. Renoir, J. Cocteau e A. Hitchcock, da lui intervistato nel 1962 e al quale avrebbe dedicato l'interessante libro Il cinema secondo Hitchcock (1967). T. comparve anche come attore in Incontri ravvicinati del terzo tipo (1978), di S. Spielberg (Parigi 1932 - Neuilly-sur-Seine 1984).